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25 settembre 2008 - Anche il porto di Augusta è tra il gruppo dei 19 porti, presi a campione, per verificare se sono state applicate le direttive in materia di trattamento rifiuti portuali. La Comunità europea condanna l'Italia per la mancata attuazione dei piani rifiuti portuali che dovrebbero prevenire la dispersione di sostanze inquinanti in mare. La Corte di giustizia delle Comunità europee, nonostante le intimazioni dell’Ue,condanna il Belpaese reo di non aver ancora elaborato né applicato nessun piano rifiuti per i porti al 2005. Ad Augusta ,per esempio, è arrivato solo nel gennaio del 2008, quindi in ritardo rispetto alle direttive comunitarie che ricordiamo risalgono al 2000. Con tale omissione l’Italia è venuta meno agli obblighi comunitari imposti dalla direttiva relativa agli impianti portuali per i rifiuti prodotti dalle navi e sui residui di carico. Il termine per il recepimento della direttiva e dunque per l’elaborazione dei piani era il 28 dicembre 2000, ma al 2006 i piani ancora non erano stati adottati per un numero significativo di porti. Lo Stato membro non aveva ancora elaborato né applicato nessun piano di raccolta e gestione dei rifiuti per i porti di Trieste, Augusta, Brindisi, Reggio Calabria, Palermo, Mazara del Vallo, Chioggia, Venezia, Porto Cervo Marina e Marina di Portosole, tutti appartenenti al campione di 19 porti selezionato dalla Commissione. Paradossalmente per il porto di Augusta la sanzione risulta come una doppia beffa considerando il fatto che da oltre 10 anni è all'avanguardia nel Mediterraneo grazie ad un efficientissimo servizio di ritiro e smaltimento di acque di sentina e slop prodotte dalle navi. Il servizio è espletato quotidianamente, 365 giorni l'anno, da due società private che agiscono in regime di concessione, mentre lo smaltimento delle acque raccolte avviene presso gli impianti a terra delle raffinerie e depositi costieri come Erg e Maxcom. La Gestione Pontoni , per esempio, ha potenziato ulteriormente la sua flotta con due bettoline ed ha in programma di acquistare altri mezzi che porteranno, entro fine 2008, a oltre 4000 tonnellate la capacità di carico a servizio delle navi in transito. La società augustana è leader nel servizio di ritiro slop e sentine Anche per i rifiuti solidi il porto di Augusta è all'avanguardia grazie a un servizio di raccolta e incenerimento che da oltre trent'anni è in funzione. Quindi un sistema di raccolta e smaltimento efficiente, un modello, già esistente e ben rodato che però non è stato messo sulla carta in tempo. Il piano è arrivato in ritardo di due anni rispetto all'ultimatum comunitario, nonostante il porto fosse uno dei migliori serviti del Mediterraneo. Una mancanza che la dice lunga sulla gestione dello scalo che da circa un anno attende che i signori della politica si mettano d'accordo per nominare una nuova presidenza che ,ricordiamo, è scaduta nell'ottobre del 2007. Altro che efficienza, siamo di fronte al disastro totale considernado i ritardi accumulati in questi anni in materia di progettazione e sviluppo in vista della traguardo del 2010 che vedrà l'apertura dell'area di libero scambio nel Mediterraneo. Se non si è riusciti a mettere su carta un piano già esistente e ben rodato significa che qualcosa non va ,allora qualcuno deve porre un rimedio e dare risposte a questa ennesima sconfitta. Una nuova condanna, quindi, nei confronti dell’Italia da parte della Corte di giustizia europea e ancora una volta in materia di rifiuti,ad oggi sono sei le cause in materia pendenti dinnanzi alla Corte. Una condanna che riapre il dibattito sugli Enti inutili che per le loro mancanze provocano sanzioni amministrative che poi vengono caricate sull'intera comunità. A niente sono servite le argomentazioni di difesa della Repubblica italiana secondo cui l’obbligo sarebbe adempiuto con le ordinanze dei comandanti di porto che anticipano i piani in corso di approvazione, perché - come afferma la Corte e come aveva già precedentemente affermato in altre sentenze simili - "la redazione del piano di gestione rimane un obbligo di risultato che non può essere adempiuto a mezzo di misure preparatorie o dirette all’elaborazione di piani ovvero alla predisposizione di un quadro regolamentare idoneo a realizzare tale obiettivo”. La Direttiva europea 2000/59 (recepita in Italia con il Decreto legge numero 182/2003) per una maggiore protezione dell’ambiente marino si pone l’obiettivo di ridurre gli scarichi in mare dei rifiuti da parte delle navi che utilizzano porti situati nel territorio della Comunità. Trattandosi di una direttiva, l’Unione europea lascia agli Stati membri la facoltà di stabilire gli strumenti di attuazione che meglio si adattano al proprio sistema interno. Lascia cioè, ai membri Ue un’ampia libertà quanto all’organizzazione migliore per la raccolta dei rifiuti, consentendo ai Paesi di prevedere impianti fissi di raccolta oppure di designare prestatori di servizi incaricati di fornire ai porti unità mobili per la raccolta dei rifiuti quando necessario. Ciò comporta non solo l’obbligo di redigere i piani di gestione ma anche l’obbligo di fornire tutti i servizi e di adottare le altre disposizioni necessarie per l’uso corretto .Gianni D'Anna
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