Lampedusa 6 ott - Il blitz a Lampedusa dal racconto del deputato regionale dei Verdi Lillo Miccichè. "Arriviamo alle nove del mattino sull'isola - dice Miccichè - il panorama circostante è surreale: l'isola è militarizzata. Ovunque jeep militari, polizia, carabinieri. Dalle vetrate dell'aeroporto si vede il cortile del campo dove sono trattenuti i migranti. Il sole è a picco, fa un caldo estivo. Li vediamo ammassati sotto l'unico filo d'ombra disponibile, attaccati ai muri.Ci guardiamo intorno e non c'è nessuno. Alle 12 e 20 atterra un cargo militare, solo il primo dei quattro arrivati nell'arco della giornata. Alessandra e Ilaria, della Rete Antirazzista Siciliana, riescono a raggiungere una terrazza da cui si può vedere tutto il cortile del campo. Ci sono tre gruppi di uomini, per ognuno circa 50 persone. Quelli del gruppo più vicino al cancello vengono fatti mettere in fila contro il muro. Probabilmente stanno iniziando ad ammanettarli." Lillo Miccichè aveva chiesto di entrare al campo già ieri mattina. Gli hanno accordato il permesso solo per il pomeriggio alle 17. Infatti iniziano ad arrivare anche gli altri aerei: tutti C130 dell'aeronautica militare. Alle 12.45 iniziano gli imbarchi. Dal centro si viene caricati direttamente sull'aereo, c'è una distanza di soli 40 metri. In fila per due scortati da uomini in borghese con guanti e mascherine, da donne sorridenti vestite di azzuro, carabinieri e soldati in tuta mimetica, In fila per due. I polsi legati da corde di plastica, trascinati quasi di corsa a gruppi di venti. Della Rete Antirazzista SicilianaNoi sono in cinque. Solo cinque. Lillo Miccichè inizia a urlare. Grida che questo è un crimine, che si stanno violando tutte le leggi nazionali ed internazionali, cerca di forzare il cordone dei carabinieri per arrivare sulla pista. C'è uno striscione: NO AI LAGER, NO ALLE DEPORTAZIONI. Ilaria parla arabo, e scrive su un cartello Hurria, libertà in arabo. I carabinieri le intimano di metterlo via. Non si può comunicare con i deportati, e, addirittura, scomodano l'interprete arabo della misericordia per accertarsi che sul cartello non ci siano scritti messaggi sovversivi o insulti. Le voci sono coperte dal rombo dei motori degli aerei, i deportati non possono sentire anche se vedono attraverso i vetri. Niente. Non possiamo fare niente. Ne hanno portati via circa 400, più o meno 100 per aereo. Nessuno dice dove. Alle 15 sono tutti partiti. Il centro ora è quasi tornato alla normalità: "solo" 200 "ospiti". A un bar due poliziotti che si fermano a parlare dicono che sono stanchi. Sono stremati perché nel pomeriggio di ieri uno degli "ospiti" del centro ha tentato di impiccarsi e loro hanno dovuto salvargli la vita. Quante cose le forze dell'ordine capiscono dai visi di questi migranti: da dove vengono, se sono o meno dei rifugiati, se sono buoni o se sono delinquenti, se sono palestinesi, iracheni o libici. In base a questo, solo in base a questo sono avvenute le deportazioni di questi giorni, nell'indifferenza di un paese intero, nella contentezza degli abitanti di quest' isola .
L'ingresso al CPT di Lampedusa. Pomeriggio
Entrano al Centro di Lampedusa, il Deputato Regionale dei Verdi Lillo Miccichè, e Ilaria da Palermo (Laboratorio Zeta) per la Rete Antirazzista Siciliana, come interprete di lingua araba e inglese. Un doppio cancello. Il primo li fa accedere, costeggiando la postazione delle forze di sicurezza, carabinieri e polizia. Un odore acre di immondizia, circa trenta sacchi celesti accatastati tra il cancello e uno dei container che fungono da dormitorio. Sono accompagnati e accolti da un capitano dei carabinieri, da carabinieri in tenuta antisommossa leggera, in tuta anfibi e manganelli, da poliziotti, qualcuno in borghese, e dall'interprete di lingua araba del Campo. Vengono subito presentati aL direttore del Campo che indossa una maglietta rosanero del Palermo "Voliamo in serie A". Si incontrano le facce degli uomini trattenuti, appoggiati alle pareti gialle di alluminio,.le facce e gli occhi di quegli uomini, l'odore è nauseabondo. Rivoli di liquami che scorrono tra gli spazi che circondano i quattro container-dormitorio, la mensa e i servizi igienici: è una fogna a cielo aperto. Spiegano che quei liquami sono solo acqua, sei volte al giorno, in questa situazione di emergenza, hanno fatto spurgare i pozzi. Ma quell'acqua puzza. Tutto puzza, mostrano i tubi per lo spurgo, e un piccolo corridoio di asfalto pieno di immondizia sparsa per terra. 1200 "ospiti" fino a lunedì, che dormivano ovunque: nei container, nella mensa, nei cortili a cielo aperto. Gli imbarchi: oltre quelli imbarcati il 4 ottobre per la Libia e per Crotone, altri 99, per porto Empedocle, e 372 stivati in quattro c130 dell'aeronautica militare. L'onorevole e l'interprete svoltano di 180 gradi sull'altro corridoio di asfalto. Incontrano i servizi igienici. La porta deve restare aperta. Gente che piscia all'interno, e loro la vedono. Cominciano a guardare dentro i container dormitorio, lunghi circa 20 metri e pieni di due file di letti a castello. Giacigli di gomma piuma gialla, a volte senza niente sopra, a volte con piccole coperte di lana. Basta, niente altro. L'onorevole chiede quale sia la procedura adottata con i migranti appena arrivati al campo. nome, cognome, nazionalità, data di nascita e luogo di provenienza. Poi viene loro chiesto, dopo avergli letto i diritti, se vogliono fare richiesta di asilo in Italia. L'onorevole e Ilaria smettono di ascoltare e chiedono di entrare dentro i container e parlare con gli "ospiti". Incontrano per primi tre africani neri. L'onorevole si presenta, comunica ai tre uomini perché si trova lì. Loro si sciolgono in un sorriso nervoso e un po' timido. Iniziano a rispondere alle domande. Si parla in inglese. Al campo non esiste un interprete di inglese , quindi la conversazione è tranquilla: solo l'onorevole, Ilaria e i tre uomini. Sono nigeriani e stanno male. Non si sono potuti lavare, sono arrivati malati. Sono spaventati. Con loro, il 3 ottobre, erano arrivati anche due bambini con loro padre, ma lunedì li hanno portati via, non sanno dove. Ilaria chiede se gli è stata comunicata la possibilità di chiedere asilo politico. Rispondono di no, e che non hanno neppure avuto l'opportunità di chiederlo loro stessi. Dichiarano di volere fare la richiesta. Ilaria la scrive in italiano, loro in inglese. Queste tre richieste di asilo sono già state inviate via fax agli uffici dell'ACNUR, a Roma. Miccichè e Ilaria si rivolgono poi a un gruppo di 15 uomini che parlano in arabo. Vengono dalla Tunisia, dal Marocco, c'è un uomo di 70 anni che viene dalla Palestina. L'interprete di arabo della Misericordia che gestisce il centro è lì con loro. I due delegati si accorgono subito che la conversazione che stanno per affrontare sarà diversa dalla precedente. Davanti all'interprete i migranti dichiarano che nel campo va tutto bene, che tutti sono gentili con loro e che non hanno bisogno di niente. Chiedono solo di poter lavorare. L'onorevole spiega anche a loro perché è li. Poi si allontana, insieme alle forze di sicurezza, per visitare il posto di polizia che dovrebbe raccogliere le identificazioni e le richieste di asilo, ma scopre che tale ufficio è completamente inutilizzato da mesi. Nel container rimane Ilaria affiancata dall'interprete del campo. Spiega ai migranti che quello che sta accadendo in questi giorni al centro e il centro stesso sono una palese violazione dei diritti umani, che gli uomini che escono dal centro vengono spediti non si sa dove, a volte a Crotone, o ad Agrigento, o in Libia. Ilaria vede che l'interprete si allontana in fretta e subito dopo torna con le forze dell'ordine e l'Onorevole, a cui viene subito intimato di non dichiarare che alcuni dei migranti sono stati deportati in Libia. In assenza di Ilaria l'interprete del centro riferisce che l'attivista della rete ha detto cose che in realtà non sono mai uscite dalla sua bocca, e infatti poi le ritratta davanti a lei. Comincia l'operazione "psicosi da rivolta". Sembra una pratica standard: iniziano a gridare invitando l'onorevole e Ilaria a uscire. "ecco, avete visto cosa avete fatto. Ora uscite.presto succederà qualcosa". I migranti in realtà sono tranquillissimi. Miccichè non batte ciglio e chiede di continuare la visita nel campo e invita 4 uomini trattenuti lì, provenienti da paesi diversi, a parlare con lui fuori dal primo cancello. Scortati dagli operatori della misericordia. Parla coi 4 uomini e si fa raccontare le loro storie. Dice loro ciò che farà quando sarà fuori di lì: racconterà quanto siano difficili le condizioni dei paesi di provenienza di chi è trattenuto al centro e si batterà perché escano tutti da lì e possano circolare liberamente in Italia. Una conversazione bella, serena, conclusa in un applauso. Gli altri migranti, ammassati contro la recinzione applaudono i loro 4 rappresentanti, salutano, rimangono lì. (Resoconto dei volontari della Rete Antirazzista Siciliana e del deputato regionale dei VERDI Lillo Miccichè )
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